27 gen 2017

Le donne e la moda: perché non si tratta solo di shopping!


La moda viene spesso vista dai non addetti al settore come luccichio, grandi brand, grandi eventi, sfilate, bellezza, shopping, esclusività…insomma un mondo all’apparenza dorato e forse un po’ frivolo. Ma ci si dimentica troppo spesso che la Moda è Storia, è Cultura, è lo specchio della nostra Società. Non è casuale la nascita di numerosi Musei dedicati alla moda Italiana: Gucci e Ferragamo hanno aperto i loro Musei privati a Firenze, dove sorge anche il Museo del Costume presso Palazzo Pitti e, solo per citare quelli più noti, non può mancare il Museo della Moda e del Costume ospitato a Palazzo Morando a Milano



Si tratta di Musei che ripercorrono la storia, che attraverso gli abiti ci raccontano i cambiamenti della nostra società: dalla Belle Epoque, con abiti ampi, il corsetto e le pettinature barocche, fino alla rivoluzionaria minigonna! Eh si, perché la Moda è stata spesso la rappresentazione concreta della rivoluzione e dell’emancipazione femminile. Sin dagli anni 20 con Coco Chanel, che nei suoi abiti ha incarnato la voglia di indipendenza delle donne, creando capi raffinati ma allo stesso tempo comodi, trasformando capi simbolo dell’universo maschile in indumenti indossabili anche dalle donne, come il tailleur e i pantaloni. Sono gli anni in cui le donne iniziano a lavorare, a praticare sport, ad avere un ruolo attivo nella società, abbattendo l’immagine di moglie, madre e ancella del focolare domestico. Le femministe chiedono il diritto di prendere decisioni sulla vita coniugale, chiedono l'istituzione del divorzio, chiedono un salario uguale a quello degli uomini a parità di lavoro, chiedono il diritto al voto femminile e il diritto a un'istruzione migliore.
Le mode si susseguono veloci, spesso si contraddicono e subiscono l’influenza della storia e della Seconda Guerra Mondiale, durante la quale le donne sono chiamate a sostituire nel lavoro gli uomini che sono partiti per il fronte. Fino agli anni ‘60, con la grande rivoluzione di Mary Quant che nel 1963 inventa la minigonna, creando un vero e proprio scandalo nella società dell’epoca. Gli anni ’70 sono maturi per innescare la prima vera emancipazione femminile: sono anni rivoluzionari e i diritti sociali sono il centro attorno a cui ruota ogni manifestazione culturale o politica e la moda non può non essere da meno. Seguono gli eccessi e le stravaganze degli anni ’80 fino alla moda unisex degli anni ’90.

 
 
La moda in Occidente si è ormai liberata di tutti i canoni imposti alle donne, molte inibizioni spariscono lasciando il posto al trionfo e alla commercializzazione del corpo, che viene mostrato sempre più come elemento seduttivo nella pubblicità e sui social network.
La moda veste un corpo, lo copre o lo scopre per inviare un messaggio. Se in passato la moda era uno strumento rivoluzionario per ottenere l’emancipazione femminile e la parità di diritti, oggi è sempre più spesso uno strumento di seduzione che propone un’ideale di bellezza irraggiungibile. E lo vediamo spesso riflesso nelle immagini delle modelle che sfilano sulle passerelle durante la Settimana della Moda di Milano o Parigi. Ma forse qualcosa, anche in questo settore dorato, sta cambiando: i canoni di bellezza accennano a un cambiamento, si stanno diffondendo le immagini di donne che trasmettono autenticità e forza, a proprio agio con il proprio corpo. Molti Brand celebrano le donne di ogni taglia e la moda si rende di nuovo protagonista di un cambiamento sociale: una nuova era fatta di accettazione e positività.
E così siamo arrivati ai giorni nostri, 100 anni di storia in poche righe che ci mostrano come Moda, Cultura e Società siano strettamente legate. Ancor di più quando una società diventa multiculturale e multietnica, quando l’abbigliamento indica prepotentemente l’appartenenza ad un luogo o ad una religione, e diventa specchio dell’universo femminile. Basta pensare al Burqa, che è stato eletto dagli Occidentali a simbolo della condizione femminile nei paesi Arabi tanto da essere vietato in alcuni paesi Europei, senza porsi l’interrogativo di cosa significhi per quelle donne non indossare il velo e senza sapere cosa vogliano in realtà le donne mussulmane. O ancora basta ammirare i colori sgargianti e le mille pieghe voluttuose del Sari Indiani: spesso ammaliati dalla bellezza dei ricami dimentichiamo come i colori del Sari siano vincolanti, quasi un marchio indelebile, tanto che il blu viene indossato solo dalle classi inferiori. E quando si parla di classi si intendono le caste, che impongono il ruolo sociale di chi vi appartiene, quindi il tipo di professione svolta, la persona da sposare e persino l’alimentazione. Il Sari ci sembra così affascinante, esotica e lontana dal Burqa, eppure le donne indiane sono ugualmente discriminate, spesso molestate, non hanno pari diritti lavorativi e gli viene negata l’educazione, che è alla base dell’emancipazione femminile. 

Non è nelle nostre intenzioni entrare nel merito di argomenti così complessi e delicati, ma è evidente come l’importanza della Moda è nel significato dei suoi simboli: la minigonna, il Burqa, il Sari…tutti specchio della condizione femminile. E allora forse, anche in Occidente, c’è voglia di tornare alle origini, quando la Moda era rivoluzionaria perché rappresentava la libertà e non la mercificazione del corpo femminile. La vera emancipazione della donna, occidentale, indiana o musulmana che sia, deve realizzarsi nella riappropriazione piena da parte della donna stessa della propria libertà di scelta.
Partendo da queste riflessioni, e proprio perché il nostro tour operator è così legato alla Moda (e non solo ai viaggi!), che inizia a maturare in noi un nuovo progetto, un progetto di donne per le donne. I tempi non sono ancora maturi per svelarvi tutti i dettagli…lo faremo appena possibile! Ma vi anticipiamo che stiamo lavorando su un progetto di Crowdfunding che, tra gli altri obiettivi, avrà quello di sostenere l’educazione delle ragazze indiane: una piccola goccia nel mare verso l’emancipazione reale delle donne.

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